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LEGGE SULLA CANAPA DA DISAPPLICARE
Corte di Cassazione

Il Decreto Sicurezza (art. 18) ha modificato pesantemente la legge n. 242 del 2016, che regolava la coltivazione della canapa industriale in Italia. Lo scopo dichiarato: evitare rischi per la sicurezza pubblica e stradale causati dal consumo di infiorescenze di cannabis. L’unica cosa consentita è usare le infiorescenze per la produzione di semi ma solo a livello industriale e con molti vincoli.

Nella giornata di ieri la suprema Corte di Cassazione ha diramato una relazione illustrativa (Relazione 33/2025, Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione), cioè un documento di studio e analisi giuridica come strumento decisionale per i giudici e gli enti amministrativi. La Suprema Corte ha evidenziato problemi legali e costituzionali nell’applicazione del decreto di cui sopra.

PROBLEMI LEGALI E COSTITUZIONALI:

1. Incostituzionalità per violazione della libertà economica

  • La legge blocca un intero settore economico legale e regolato fino a ieri.
  • Migliaia di imprese e posti di lavoro sono a rischio, nonostante l’assenza di prove scientifiche che dimostrino effetti droganti per prodotti a basso THC.

2. Violazione del principio di “offensività”

  • Non si può punire penalmente qualcosa che non produce un danno concreto.
  • La legge presume automaticamente che le infiorescenze siano pericolose, senza valutarne i reali effetti.

VIOLAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO:

1. Libera circolazione delle merci

  • L’UE riconosce e incentiva la coltivazione di canapa con THC < 0,3%.
  • Impedire la vendita di questi prodotti in Italia viola le regole del mercato unico europeo (artt. 34 e 36 TFUE).

2. Proporzionalità e prove scientifiche

  • La Corte di Giustizia UE (caso Kanavape) ha detto chiaramente che non si può vietare un prodotto se non ci sono dati scientifici che dimostrano un reale rischio per la salute.

PUNTI CRITICI PRATICI, DANNI ECONOMICI E SOCIALI:

  • I semi (consentiti) si sviluppano dentro le infiorescenze (vietate), quindi come si fa a produrli legalmente?
  • Senza contratti o autorizzazioni chiari, anche chi coltiva per i semi rischia sanzioni.
  • Le forze dell’ordine possono interpretare qualsiasi detenzione come illegale.
  • Il settore vale 2 miliardi l’anno in Italia e occupa più di 20.000 persone.
  • L’80–90% del mercato riguarda proprio le infiorescenze, ora vietate.
  • I prodotti alternativi (semi, fibre) non bastano per sostenere le aziende.

CONCLUSIONI:

La Suprema Corte di Cassazione sottolinea che:

  • Il nuovo divieto ha un carattere ideologico e non basato su dati scientifici.
  • Potrebbe essere dichiarato incostituzionale e in contrasto con il diritto europeo.
  • Le sanzioni penali introdotte sono sproporzionate e ingiustificate per un prodotto non drogante.

La Cassazione, in questo documento, non prende una decisione vincolante né impone allo Stato di cambiare la legge ma analizza criticamente le modifiche introdotte dal Decreto Sicurezza sulla cannabis light.

Segnala i numerosi problemi costituzionali e di compatibilità europea evidenziando i rischi di incostituzionalità e le contraddizioni con Il diritto UE (libera circolazione delle merci, proporzionalità, principio di mutuo riconoscimento) e la nostra Costituzione (libertà economica, principio di offensività, affidamento del cittadino, legalità penale).

IN SINTESI:

  • Questa relazione è una forte critica tecnica e giuridica, che serve da guida e da monito per i giudici, i politici e gli operatori del settore dando grande fiducia a tutta la filiera canapicola;
  • Non obbliga lo Stato a modificare la legge, ma fornisce tutte le basi affinché:
    • un giudice sollevi una questione di costituzionalità,
    • un tribunale disapplichi la norma in contrasto con il diritto UE,
    • il Parlamento decida di correggere la legge.
  • Tutte le motivazioni difensive delle associazioni di filiera sono state riportate dalla Suprema Corte lasciando intendere che questa grave ingiustizia, penalizzante in modo spropositato, verrà al più presto modificata o totalmente cancellata.

 

In allegato lo stralcio della relazione della Corte di Cassazione

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